T O R N O
Uno splendido piccolo paesino situato poco distante da Como sulle placide acque del lago, è uno dei più caratteristici paesini con le sue semplici case, i ristoranti, i caffè. E' posto su un promontorio roccioso, e si arrampica in parte sulla montagna, pur mantenendo le forme del borgo antico nelle strade strette e ripide che si dipartono dal centro storico e che consentono a tratti di intravedere il luccichio del lago.
Storia
Di origini antiche, si fa risalire a oltre 2000 anni fa la presenza di insediamenti umani nella zona. In età imperiale sono presenti Plinio il Vecchio e suo nipote Plinio il Giovane, che descrivono la fonte d'acqua pulsante che ha preso il loro nome; tombe e i massi avelli documentano la presenza di comunità organizzate in epoca tardo imperiale. Nel medio evo i suoi abitanti operavano nell'industria di produzione dei panni; il commercio era così fiorente di attività che arrivò a scontrarsi con la città di Como e i suoi alleati di Moltrasio. All'inizio del '500 il borgo aveva una popolazione stimata in non meno di 5000 abitanti, ed era schierata dalla parte dei francesi; nel 1522 veniva saccheggiata e distrutta da Como sforzesca e filospagnola. I tornaschi trovarono rifugio in alto lago, nella Bergamasca e nel Luganese, più tardi fecero ritorno e ricostruirono il paese che non riuscì a tornare all'antico splendore.
Natura e Ambiente
Sopra l'abitato, adagiato su un pianoro che costituisce un meraviglioso balcone sul centrolago, Montepiatto è piccolo insediamento di case sparpagliate, ad un’altitudine di circa 600 m. s.l.m sul versante occidentale delle Prealpi del Triangolo Lariano. Vi si accede provenendo da Torno per una lunga scalinata, oppure da Brunate, percorrendo il tratto iniziale della Strada Regia. Da qui si dipartono sentieri, verso nord si raggiunge Piazzaga, salendo a monte verso est si sale in quota al Monte Croce D'Ardona (dove si trovano le rovine dell'omonimo castello), e si raggiunge la dorsale del triangolo Lariano. Particolarmente interessanti sono anche i massi avelli, misteriose tombe a forma di vasca scavate nei massi erratici e orientate generalmente in direzione est-ovest. Queste sepolture,molto probabilmente destinate a personaggi di alto rango, costituiscono una singolarità della zona che va dalla Brianza alla Valtellina e al Canton Ticino. Di difficile datazione, essi vengono attribuiti all’arco temporale tra la fine del V secolo e il termine del VI secolo d.C., tra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) e l’occupazione da parte dei Longobardi del territorio lariano. All’interno di alcuni di questi "avelli" si nota, sbozzato nella pietra, una specie di cuscino per la testa; mancano di qualsiasi tipo di copertura e non risulta che all’interno siano mai stati rinvenuti resti umani o corredi funerari, nonché il minimo indizio, incisione, iscrizione o manufatto. Nella zona di Torno si ha una grande concentrazione di questi particolari massi, i principali: l’Avello del Maas, l’Avello di Rasina, l’Avello de i Piazz, l’Avello di Negrenza e l’Avello delle Cascine di Negrenza.
Parrocchiale di Santa Tecla
Sulle rive del lago, sembra protesa a rispecchiarsi nelle sue acque. Si ritiene che il primo edificio fosse stato costruito in epoca medievale e in stile romanico, come può essere testimoniato dal campanile; fu modificato nel corso dei secoli, subendo rimaneggiamenti ed ampliamenti. Esterno, la facciata a capanna è ornata alla sommità da archetti pensili; nel portale, due monofore e il rosone sormontato da una nicchia che ospita la statua della santa titolare. Il portale è datato 1480 (l’anno è inciso sull’arco); è decorato da un affresco sulla lunetta, raffigurante Santa Tecla, e da bassorilievi sull’architrave, con l’Annunciazione (ai lati) e la Pietà (al centro). Sul fianco sinistro si erge il campanile di origine romanica; sullo stesso lato una nicchia con arco a tutto sesto ospita un bassorilievo in terracotta con una Madonna in trono con Bambino. Interno, a navata unica divisa in quattro campate che presentano quattro cappelle laterali, in una di esse, sul fianco sinistro, ospita un gruppo scultoreo ligneo, Pietà e dolenti, risalente probabilmente all’inizio del XVI secolo, sul quale si nota l’originale policromia. Sulle pareti un'assorta immagine del Cristo paziente di Bartolomeo de Benzi (del 1502) e lacerti di altri affreschi. Nel presbiterio, è conservata una tela tardo cinquecentesca raffigurante la Gloria di santa Tecla. La chiesa ospitò per diversi secoli la prima opera conosciuta del pittore Andrea De Passeris di Torno: l’Assunzione della Vergine, datata 1488, ora conservata presso i depositi della Pinacoteca di Brera a Milano.
Chiesa di San Giovanni Battista
Di origine medioevale, la chiesa sorse sul luogo di un edificio preesistente; nel corso della sua storia l'edificio subì numerosi rifacimenti. Esterno, è una chiesa ad archi trasversi; la facciata, scolpita ricorda le decorazioni del Duomo di Como, su di essa si aprono un portale maggiore, due porte minori , una monofora e un elegante rosone. Il portale, finemente intagliato e ricco di statue, fregi e bassorilievi, è attribuito a collaboratori dei Rodari (autori delle sculture e dei rilievi del Duomo di Como) attesta l'armonia rinascimentale che andava affinando l'espressività gotica degli scalpellini lariani. Il campanile, posto a destra della facciata, presenta più ordini di feritoie, monofore e bifore, divisi tra di loro da archetti pensili. Interno, ricco di dipinti e sculture, è formato da un’aula ad unica navata, divisa in sei campate da archi ogivali; il presbiterio è diviso in tre cappelle. E' qui custodito, dietro l'altare, il Santo Chiodo della croce di Cristo, una reliquia portata nel 1099 da un vescovo tedesco di ritorno da una crociata che portava con sé, perché il maltempo gli impediva di proseguire.
Chiesa di Santa Elisabetta
A Montepiatto, nel punto più alto del monte, si trova una chiesetta dedicata a Santa Elisabetta in una splendida posizione panoramica. La chiesa, con annesso convento che risale al XVI secolo, venne eretta in onore di Maria a protezione del paese e fu gestita prima da una confraternita e poi da monache di clausura. La chiesa dedicata al mistero gaudioso della Visita di Maria santissima a sua cugina S. Elisabetta, madre del Precursore, l'avanzo dell'antico convento a mezzodì della chiesa, ed a sera della stessa la cadente edicoletta che contiene i resti mortali delle Monache quassù spirate, un ampio cortile con pozzo, o cisterna d'acque freschissime. Nel piazzale, cui si accede con lunga scalinata, troviamo, a destra, parte del convento, che sporgendo in avanti forma angolo con la facciata della chiesa, che ci sta di fronte e che nulla ci offre nel suo esterno di particolare. Nella facciata scorgiamo la porta d'ingresso in forma rettangolare, a cui si ascende per quattro gradini semicircolari concentrici: un ampio finestrone sta al di sopra della porta: a destra di questa si trova una finestrella chiusa da inferriata, e serve ai devoti per visitare la chiesa, quando è chiusa. Il Convento qui eretto nei primissimi anni del secolo decimosesto, guarda verso Como, ed ha due piani con otto finestrelle quadrate per ognuno di essi. Al pian terreno troviamo: un grande stanzone, forse la sala del capitolo, e altra stanza discretamente ampia. Un corridoio sotterraneo attraversa da una parte all'altra la chiesa attuale, e che verso la sua metà ha a destra una grotta utilizzata per conservare il cibo. Nel piano superiore abbiamo l'attuale sagrestia, ed alcune celle con corridoio, che corre per tutto il lungo della chiesa. Il 18 marzo 1975 distrusse quasi totalmente la chiesa e il convento che in seguito furono ricostruite, rispettanto per quanto possibile, l'architettura originaria.
La Villa Pliniana
E' un complesso monumentale ed è fra le più antiche ville che prospettano sul lago di Como; è sita in posizione isolata, stretta fra le acque del lago e la montagna. La sua è una storia complessa ma sempre affascinante che si snoda dalle prime descrizioni della famosa fonte intermittente tramandate dai due Plini fino alla recente rivalutazione dell'edificio. La singolare posizione, a strapiombo sulle acque del lago di Como e la frequentazione di tanti personaggi, insieme alla torbida fama del suo primo ideatore, hanno contribuito a circondare la villa di un alone di leggenda e mistero, facendone a tratti dimenticare il grande valore artistico e storico. Oggi è possibile ricostruire tutti i differenti aspetti di questo building che è tra le più straordinarie realizzazioni che si affacciano sul Lario, accostando testimonianze documentarie, descrizioni letterarie, immagini storiche e fotografiche appositamente realizzate. Il progetto della villa è stato attribuito a Pellegrino Tibaldi o Galeazzo Alessi e datato 1573, ma anni fa, grazie alla scoperta di alcuni documenti, si è invece ipotizzato che l'architetto fosse Giovanni Antonio Piotti da Vacallo. La villa, costruita intorno alla fonte intermittente, sorge lungo un’insenatura del Lario. La facciata è scandita da quattro ordini di finestre: quelle del piano nobile sono sormontate da timpani spezzati, e si affaccia direttamente sul lago; è articolato in due corpi caratterizzati da grandi saloni separati da una loggia dorica a tre arcate sostenute da colonne binate. Poco sopra il livello del lago si trova un lungo corridoio, illuminato e arieggiato da aperture quadrate senza vetri, dal quale si accede agli scantinati, le cui fondamenta poggiano direttamente sulla roccia. Immediatamente al di sotto del primo piano, un’apertura ad arco permette il defluire delle acque che scendono dalla fonte pliniana, la cui sorgente ad intermittenza è posta all'interno del complesso. La villa è sottoposta a più vincoli, tra i quali quelli monumentale, idrogeologico e paesaggistico.
Pietra Pendula
Nel corso del Quaternario, in corrispondenza di periodi climatici più freddi, a più riprese la zona del Triangolo Lariano è stata interessata da grandi colate glaciali che scendevano dalle montagne della Valtellina e della Val Chiavenna e si inoltravano nella Pianura Padana, poi queste pietre furono depositate sul terreno calcareo prealpino con lo scioglimento dei ghiacci. Alcuni tra i massi erratici più notevoli sono stati dichiarati "Monumenti Naturali" dalla Regione Lombardia nel 1984, con l’intento di tutelarne l’integrità; in particolare, nella zona di Torno, si può ricordare la Pietra Pendula; è un masso di ghiandone proveniente dalla Val Masino, poggiato su uno stretto basamento di roccia calcarea locale, molto probabilmente assottigliato ad opera dell’uomo in modo da accentuare la caratteristica forma di fungo. Le sue dimensioni sono di 2x4x3 m, per un peso di 60 t circa, è certamente affascinante, sia per la curiosa e misteriosa espressione geologica che possiede, sia per la collocazione all’interno di un bosco maturo di latifoglie montane, dove dominano querce, ciliegi e carpini. E' possibile raggiungerla in pochi minuti di sentiero dal piazzale della chiesa di Santa Elisabetta.